Nei primi giorni del mese di Agosto si è siglata un’intesa dal punto di vista economico, riguardo la denominazione dell’Asti e del Moscato d’Asti. Inutile dirlo, ma tutti, credo abbiano avuto la consapevolezza che la situazione si delineasse alquanto difficoltosa. Dopo ripetuti incontri, prima tra i soli componenti di parte agricola, compresa l’Associazione dei sindaci del Moscato, poi confrontandosi con i componenti di parte industriale, si è giunti ad un’intesa (pare ormai proibito chiamarlo accordo!) dopo diverse sedute e ore ed ore di discussioni. Alla fine, tutti i membri firmatari hanno dichiarato una modesta soddisfazione. Ciò ha sancito, tra le varie condizioni anche la creazione di un fondo per la promozione. Ci si è preoccupati, prima di tutto, di mantenere uguale il redditotra chi rivendica la tipologia “Asti” e chi rivendica la tipologia “Moscato d’Asti”, riferito a coloro che conferiscono l’uva a terzi: industria, cantine sociali e vinificatori, pari al 95% della produzione.
· Per l’”Asti” la resa rivendicata è di 78 q.li ad ettaro.
· Per il “Moscato d’Asti” la resa rivendicata è di 95 q.li ad ettaro.
L’incremento di resa, l’industria non lo versa al produttore, ma al fondo di promozione. Le rese differenziate, sono frutto della creazione del fondo. Esiste anche la possibilità per il produttore di disubbidire, ovvero di conferire soltanto i 78 q.li della tipologia “Moscato” e non gli succederà nulla, cioè non avrà alcuna responsabilità legale, ma solo la responsabilità morale di non aver partecipato alla promozione di un’uva, ora in difficoltà, che anche egli stesso produce. Non è questa democrazia? Da notare che il reddito rimane sempre uguale! A volte, citando i cugini d’oltralpe, dimentichiamo la loro unione e la loro compattezza nelle rivendicazioni, che si trasformano in forza del comparto, mentre tra i viticoltori delle tre province e alcuni sedicenti leader, resiste la convinzione che il loro dovere termini ribaltando l’uva nella tramoggia e protestando ad oltranza, fine a se stessa. Tornando a noi, è falsa l’affermazione che a pagare siano solo i produttori di Moscato d’Asti, perché è vero il fatto che lo siano in parti uguali anche i produttori di Asti. E’ vero anche che a partecipare al fondo sia solamente la componente agricola, che tenta, così, di invertire la tendenza di un comparto che sta andando alla deriva. Se poi l’industria non intende intervenire in un eventuale cofinanziamento del progetto, la parte agricola, quali strumenti avrebbe in mano per obbligarla a partecipare? Se i quattro contestatori hanno delle idee da tirar fuori dal cilindro, lo facciano presto, invece di continuare a strumentalizzare i fatti per confondere e negare la verita’. E’ vero, il 20% del fondo andrà a “Colline del Moscato”, il quale distribuirà alle Associazioni secondo la rappresentatività, ma a chi fa provocazioni sibilline, rispondo che la Produttori Moscato, anche negli ultimi due anni (senza riscuotere alcuna trattenuta), ha sempre promosso il Moscato d’Asti, partecipando con uno stand dedicato al Vinitaly, a ProWein Dusseldorf in Germania, a Bordeaux in Francia, a Vinum e Fiera del Tartufo di Alba, sempre rigorosamente con lo stand dedicato al Moscato d’Asti e ad altre iniziative oltreoceano, come workshop a New York, ecc… Chi ha fermato Zonin in sei anni, a suon di sentenze? Qualcuno l’ha gia’ dimenticato? Mi auguro che per qualcuno sia solo una patologia legata alla memoria. E per chi si è dimesso dalla propria carica, adducendo come motivazione la “coerenza”, in quanto contrario alle trattenute, si vocifera che da lì a pochi giorni, sarebbe stato sostituito nel suo incarico!
Riguardo al presidente del Consorzio di Tutela, leggendo una sua dichiarazione su La Stampa del 4/09 in cui critica aspramente l’accordo, in quanto “stilato in una riunione carbonara quando il presidente e il direttore erano in ferie”, ha dimenticato di dire che, volutamente, gli stessi non sono stati invitati dall’intera componente agricola. Su La Stampa dell’8/09 invece, il presidente del Consorzio, ritratta le critiche di una settimana prima, sostenendo pienamente l’accordo. Evviva la coerenza!
Certo che con le “politiche” attuate dal consorzio, rimane chiaro il fatto che ormai da tre anni, ogni anno perdiamo la vendita di 10 milioni di bottiglie.
Giovanni Satragno