La parte agricola rivendica la presidenza del Consorzio dell’Asti. «L’alternanza ai vertici frutto di un “patto tra gentiluomini”. Se le industrie la negheranno pronti ad abbandonare l’ente»
Sala gremita al centro sociale Gallo di Santo Stefano Belbo, in provincia di Cuneo, con oltre 300 vignaioli giunti dai 52 Comuni della zona del moscato, per partecipare al forum indetto dalla parte agricola (Cia, Confagricoltura, Coldiretti, Assomoscato, Agrinsieme, Vignaioli Piemontesi, Confcooperative) unita e compatta nel chiedere la presidenza del Consorzio dell’Asti che dovrebbe essere rinnovata entro maggio.
Relatori Giovanni Satragno, presidente della Produttori di Moscato Associati; Paolo Ricagno, della Vignaioli Piemontesi; Luca Brondelli di Confagricoltura; Tommaso Mario Abrate di Confagri-Confcooperative-Agrinsieme; Roberto Cabiale di Coldiretti e Ivano Andreos della Cia.
Tra il pubblico anche sindaci con fascia tricolore insieme al sindaco di Santo Stefano Belbo, Luigi Icardi. Hanno partecipato, portando saluti e dichiarando la propria disponibilità a seguire la vicenda, i parlamentari Massimo Fiorio e Mino Taricco e l’assessore regionale all’Agricoltura della Regione Piemonte, Giorgio Ferrero.
Per quanto riguarda gli interventi Giovanni Satragno ha sottolineato l’importanza del “patto tra gentiluomini” alla base dell’alternanza tra presidenza agricola e industriale ai vertici del Consorzio, «Oggi però mi pare che nella parte industriale scarseggino i gentiluomini» il suo commento. Paolo Ricagno ha ricordato le performance negative degli ultimi anni di presidenza industriale: «Più di 20 milioni di bottiglie di Asti docg perse, contrazioni sui mercati e progetti costosi e poco oculati come in Cina». Cabiale ha rimarcato l’esigenza di pari dignità tra parte agricola e parte industriale all’interno del Consorzio: «Non dimentichiamo che il riconoscimento Unesco è arrivato non per gli stabilimenti del fondo valle, che sono una risorsa commerciale, ma per le vigne coltivate dai nostri vignaioli». Brondelli di Confagricoltura ha ricordato il mancato coinvolgimento della parte agricola in progetti di valorizzazione impegnativi; Abrate di Confcooperative ha avvertito: «I vignaioli sono proprietari della denominazione. Devono avere il loro turno di presidenza consortile. In caso contrario potrebbero abbandonare il Consorzio»; Ivano Andreos della Cia ha fatto autocritica sulle rese: «Non siamo sempre stati accorti nel gestirle. E questo ha permesso alle industrie di avere una posizione di predominanza che non fa bene alla filiera».